La Bastarda di Istanbul

Una cosa mi è chiara: i colpi di tosse a teatro sono pari alla scala logaritmica del silenzio richiesto per ascoltare decentemente uno spettacolo. Più desideri silenzio, più la platea diventa un covo di malati di tubercolosi.

Così è stato durante “La Bastarda di Istanbul” a cui ho avuto il piacere di partecipare come spettatore. Nonostante i colpi di tosse, lo spettacolo è stato davvero interessante.

Non vi farò la sinossi della trama, né spoilererò le scene, sia chiaro. Io da perfetto ignorante di teatro, sono andato a vedere questo spettacolo completamente scevro di informazioni. Non ho letto il romanzo di Elif Shafak da cui è presa la storia, non mi sono informato sulla trama, non mi erano noti attori (a parte Serra Yilmaz) e regista. Ci sono andato sulla fiducia e non è stata tradita.

Da cialtrone quale sono, ho provato un leggero disagio solo alle prime battute, in quanto il volume della voce di Serra Yilmaz era piuttosto basso, e faticava ad arrivare limpido tra le ultime fila del teatro. Nonostante questo (ed i colpi di tosse) il mio orecchio si è sensibilizzato ed è riuscito poi a capire bene tutte le battute.

La prima parte mi ha lasciato un po’ perplesso. Nonostante la bravura degli attori, facevo fatica a percepire il senso della storia. Era un po’ come guardare il primo film della serie “Il Signore degli anelli”: molti personaggi, tante descrizioni, preamboli e spiegazioni varie. Nella pausa ho pensato se lo spettacolo mi stava davvero piacendo o se la storia fosse noiosa e non adatta al mio scarso gusto. La risposta è arrivata subito dopo. In realtà la storia esplode nella seconda parte e culmina nel finale chiarendomi come fosse necessaria tutta la prima parte, per far capire bene la storia dei personaggi e la storicità della trama.

La trama, sviluppata intorno alle vicende di una bizzarra famiglia, è un gancio per aprire un tema molto sensibile quale il genocidio armeno durante la prima guerra mondiale. Argomento che già di suo basterebbe per completare un intero spettacolo. Ma non contento, l’autore apre altri temi quali, solo per citarne i più evidenti, le differenze generazionali, il ruolo della donna nella civiltà Turca, la mescolanza etnica di uno stato che si trova ai confini tra oriente ed occidente, il confronto con l’America. Temi così leggeri che, ovviamente, sono costati ad Elif Shafak un processo per offesa all’identità turca.

Lo spettacolo ha una linea temporale davvero lunga e necessita quindi di essere spiegata bene per dare peso e senso alla storicità dei fatti. L’auto descrizione dei personaggi raccontata in terza persona è perfetta e le azioni più significative davvero forti.  A smorzare i toni di questi temi sensibili, una giusta dose di ironia molto ben studiata a mio avviso e che enfatizza in taluni casi anche alcune differenze popolari. Una su tutte il personaggio di Rose, la moglie americana, un po’ ingenua e rinco, recitata da una bravissima attrice.

La scenografia è di quelle ormai necessarie, creata con l’aiuto di mezzi tecnologici, che permettono allo spettatore di capire perfettamente ed immediatamente, lo svolgersi temporale e fisico della scena, e di renderlo partecipe in modo molto più diretto.

Sono entrato a teatro da perfetto ignorante e ne sono uscito incuriosito ed affascinato, (ma sempre ignorante sia chiaro!) e soprattutto, cosa più importante, davvero soddisfatto di questo spettacolo.

Guardatevelo.

Bonne nuit,

Ivo

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